Archivio mensile:novembre 2014

Luci a San Siro


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Titolo, e conseguente argomento, quasi scontato per questa 12esima giornata di campionato che ha regalato diverse sorprese sul campo e che ha vissuto un lunghissimo avvicinamento, come sempre in questi casi, al Derby della Madonnina di domenica sera. Partita alla quale si è arrivati dopo le due settimane di sosta che ci hanno restituito un’Inter con un allenatore diverso, con un nuovo sistema di gioco e un nuovo modulo. Dall’altra parte della barricata, il Milan ormai rodato dopo l’inizio di campionato si è dovuto preoccupare solo delle novità che il nuovo Mister avrebbe potuto mettere in campo e studiare le eventuali contromisure.

È stato definito da molti alla vigilia un Derby “triste”, visto che ormai da parecchio tempo la stracittadina Milanese non è uno scontro diretto per i migliori posti in campionato, ma una partita tra due squadre deluse dal periodo e dalla stagione in corso che cercano tre punti nella partita più importante della stagione per risollevare il morale dei tifosi più scettici. Il segno dei tempi che cambiano è percepibile già allo scambio dei gagliardetti, i capitani sono Mexés e Ranocchia, a dimostrazione che i tempi in cui le vere bandiere delle due squadre sono ben lontani e che forse i detrattori di questa partita non hanno tutti i torti. Ma in realtà, secondo la mia visione delle cose, la partita non è stata così brutta come poteva essere. Ci sono stati tantissimi errori da parte di entrambe le squadre, alcuni madornali e che hanno inciso in maniera decisa sul risultato finale (1-1 Menez e Obi) come quello di Icardi sullo 0-0 e la traversa clamorosa di El Shaarawy sull’1-1 che trema ancora, e forse lo farà a lungo, nei pensieri dell’attaccante rossonero. Il Mancini bis inizia con un 433 inaspettato con Kovacic spostato a sinistra forse per mettere in difficoltà il terzino improvvisato Rami, che però risponde alla grande e gioca una delle sue migliori partite coprendo benissimo e ripartendo sulla fascia quasi fosse il suo ruolo naturale. Al Croato e a Palacio, Mancini chiede anche di tornare a coprire e il risultato è che ancora una volta l’argentino resta a secco. Sorte non molto diversa tocca all’omologo rossonero: il risveglio di Torres sembra, ahimè, molto lontano. Praticamente non vede mai la porta e non gli riesce neanche il classico lavoro sporco utilissimo per la squadra che, solitamente, attaccanti del suo calibro, con la sua struttura fisica e il suo talento, sono sempre in grado di svolgere. Entrambe le squadre mancavano di qualità a centrocampo e se per l’Inter non si scopre alla 12esima giornata di questo campionato, il Milan era abituato ad interpreti migliori. Pesa tantissimo l’assenza di De Jong, momentaneamente infortunato, e anche quella del lungo degente capitan Montolivo col passare delle settimane si fa sentire più delle altre. Fortunatamente per Inzaghi il rientro dei due centrocampisti è molto vicino e potrà iniziare a lavorare presto con quella che lui ha sempre definito la sua formazione ideale. Per Mancini il lavoro è appena cominciato, e come anticipato in un precedente articolo nemmeno per lui sarà breve e facile da compiere, ma almeno non dovrà gestire un ko nel Derby che avrebbe potuto lasciare scorie pericolose all’interno dell’ambiente tutto. Insomma, questo è stato decisamente uno di quei Derby vinto dalla paura: dalle tribune dello stadio la sensazione che nessuna delle due squadre volesse attaccare per paura di scoprirsi era palese. La filosofia dei minuti finali era chiara: meglio un punto guadagnato, che due punti persi. Di conseguenza, la classifica resta invariata, un punto a testa che, in una giornata che ha visto le battute d’arresto di Napoli e Samp, poteva sorridere in maniera più convinta ad una delle due sponde di Milano.

Poco più di una decina di anni fa il Derby decideva una semifinale di Champions, oggi può essere utile per decidere la corsa ad un posto in Europa League. Se è il contenuto della partita ad aver perso di fascino, di sicuro non l’ha fatto il contenitore: San Siro tutto esaurito, atmosfera da brividi, coreografie mozzafiato e cori continui per 90 minuti. Essere allo stadio è stata davvero un’esperienza indescrivibile che consiglio decisamente a qualunque tifoso di una delle due squadre almeno una volta nella vita. Da segnalare come, in virtù del patto di non aggressione siglato dalle due curve nel lontano 1983, non ci siano stati episodi di violenza. Afflusso e deflusso da e per lo stadio sono stati ordinatissimi, con tifosi delle opposte fazioni a camminare vicini, quasi in una processione pacifica verso quello che è uno dei templi più belli di questo Sport. A dimostrazione che il Calcio può essere vissuto in maniera bella, costruttiva, pacifica, amando la propria squadra e, soprattutto, questo magnifico Sport.

GA

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Alta Tensione


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Partita strana e, personalmente parlando, non particolarmente bella, la quarta di questo girone di qualificazione dell’Italia. Gli Azzurri hanno affrontato la Croazia in quella che si sapeva essere la formazione più impegnativa da fronteggiare dell’intero cammino verso gli Europei di Francia 2016. Al di là del risultato finale (1-1), il match di San Siro ha lasciato di sicuro degli spunti interessanti da approfondire.

Il primo, guardando alla nostra formazione, è che fatichiamo e soffriamo tanto (pure troppo) in ogni occasione in cui scendiamo in campo. Già dai primi minuti era chiaro che anche questa partita sarebbe stata una continua sofferenza in cui avremmo dovuto stringere i denti dall’inizio alla fine, senza possibilità alcuna di imporre il nostro gioco sugli avversari. Il vantaggio di Candreva (al primo gol in Azzurro) ci ha un po’ illusi che il copione questa volta potesse essere diverso, ma la papera di Buffon sul tiro apparentemente innocuo di Perisic ha dato un brusco cambio di direzione ad una partita che giocatori e tifosi speravano potesse andare in maniera differente. Ciò che appare chiaro è che in questo primo periodo Antonio Conte non è ancora riuscito a dare la sua profonda impronta a questa squadra che, al momento, non sembra nemmeno giocare come una squadra di Conte. La cosa più strana l’ho vista anche nell’atteggiamento della squadra, forse anche nella condizione fisica, visto che per gran parte della partita siamo stati più lenti dei Croati, meno propositivi, meno incisivi, meno tutto. Il 38% di possesso palla è un dato numerico che fa capire quanta difficoltà ci sia nella Nostra Nazionale a costruire gioco, ma soprattutto a fare la partita e creare occasioni da gol. Da sottolineare comunque le numerose assenze che hanno caratterizzato questa tornata di convocazioni che hanno privato la squadra di elementi fondamentali per il nostro gioco e soprattutto per la nostra costruzione offensiva. Uno dei più grossi problemi della partita di ieri sera è stato, infatti, la costruzione in fase offensiva: senza Pirlo manca la qualità a centrocampo per poter impostare un’azione d’attacco come si deve, e mancando anche Bonucci ci siamo trovati privati anche dell’unica alternativa di impostazione partendo dalle retrovie. Un appunto, se vogliamo quasi una provocazione, mi permetto di farlo su questo discorso della qualità del nostro movimento: se in determinati ruoli, come quello del regista a centrocampo, Pirlo è assolutamente indispensabile ed insostituibile, mi permetto di notare che in altri ruoli, il portiere su tutti, ormai si va avanti facendo giocare il nome più rinomato, senza valutare prestazioni ed andamenti di forma. Ciò che voglio dire, in soldoni, è: perché non applicare quello che chiamerò “Sistema Milan” anche ai portieri della Nazionale? Mi spiego: da questa stagione il Milan, con l’arrivo di Diego Lopez, ha iniziato un interessante esperimento basato sull’assunto che a scendere in campo sarebbe stato il più in forma. Ora, perché non fare lo stesso anche coi portieri della Nazionale? La ragione è molto semplice, quasi ovvia, ed è quella che Buffon non è eterno e che arriverà un momento storico nel quale l’attuale numero 1 Azzurro deciderà di farsi da parte. Per arrivare più pronti a quel momento e rendere l’avvicendamento meno traumatico, perché non iniziare adesso facendo giocare altri estremi difensori che a suon di parate e prestazioni super si dimostrano il valore aggiunto delle rispettive squadre in campionato (due su tutti Perin e Sirigu)? La boutade nasce chiaramente dopo l’errore di ieri sera, ma non credo di dire un’eresia se affermo che le prestazioni di Buffon stanno calando e che sarebbe il caso di tenerci le spalle coperte per il futuro.

Il secondo spunto è relativo al modulo, o se preferite al sistema di gioco. Ieri sera, come un perfetto motore diesel, la Nazionale Azzurra ha carburato con l’andare dei minuti, ma non è stato solo lo scorrere del tempo a migliorare la manovra. Ad un certo punto della partita, infatti, Antonio Conte ha deciso di far entrare in campo dopo una lunga assenza Stephan El Shaarawy, che ha confermato il suo ottimo momento di forma con una buonissima prestazione, insieme a Graziano Pellè. L’ingresso in campo del giovane attaccante rossonero insieme al giramondo Salentino ha portato ad un cambiamento tattico quasi radicale per gli schemi di Conte. Si è passati infatti alla difesa a 4, giocando con un 442, o 4411 se preferite. Insomma, al di là dei numeri che lasciano il tempo che trovano, l’impressione è stata che la Nazionale abbia davvero tratto giovamento dal cambio di modulo che ha permesso alla squadra di pressare meglio la Croazia e di finire in crescendo la partita. Ad ogni modo sapevamo che non sarebbe stato facile: la Nostra è una Nazionale in ricostruzione che è ancora in cerca di un’identità di squadra, di una  formazione tipo, di un sistema di gioco, tutte cose che una volta trovate porteranno ad una continuità di risultati e di prestazioni. Nel frattempo, dopo il cambio tattico in corsa di ieri sera, mi chiedo se possa essere questa la strada giusta per tornare a vedere un Grande Italia. Personalmente, penso che la risposta sia decisamente affermativa.

Il terzo, più che uno spunto è una considerazione sui nostri avversari che vanno di sicuro elogiati per la personalità, il piglio e la qualità di gioco con la quale sono venuti a fare la partita a casa nostra. La loro è una Nazionale già rodata, parte di un movimento in decisa crescita ed ascesa, che gioca di sicuro un calcio tra i migliori di tutte le qualificazioni e che avrebbe meritato maggior fortuna agli ultimi Mondiali.

In conclusione, dispiace segnalare il triste spettacolo al quale siamo stati costretti ad assistere per colpa dei tifosi ospiti che hanno iniziato letteralmente a sparare in campo petardi e fumogeni costringendo l’arbitro a sospendere la partita e la Polizia in assetto antisommossa a caricare i “tifosi”. Al di là delle domande, legittime, che tutti ci poniamo su come sia possibile riuscire a far entrare tutto quel materiale all’interno di uno stadio (mentre magari ad una persona normale fanno buttare la bottiglietta d’acqua perché pericolosa), resta un gesto incomprensibile, senza motivo alcuno, che gli stessi giocatori non riescono a spiegarsi e del quale il tecnico Croato, Niko Kovac, si è scusato in conferenza stampa. Non occorre sorprenderci più di tanto comunque, dato che i supporters Croati non sono nuovi a comportamenti del genere. Uno dei migliori giocatori Croati di sempre, Zvonimir Boban, dopo uno degli ennesimi violenti accaduti ha commentato dicendo: “Se iniziasse una guerra di cervelli, quelli lì partirebbero disarmati…”. Penso sia superflua ogni altra parola.

Prossimo appuntamento con la Nazionale il 28 Marzo 2015 in Bulgaria.

Lavori in corso…senza sosta e senza arrendersi!

Forza Azzurri!

GA

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Ritorno Al Futuro


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La notizia clamorosa di questa mattina è ormai nota al grande pubblico: Thohir ha deciso di esonerare Walter Mazzarri dopo un anno e mezzo di rapporto burrascoso, nel quale non è mai sbocciato l’amore tra il tecnico Livornese e l’ambiente tutto. Per sostituirlo, la proprietà indonesiana ha deciso di percorrere la strada dell’ “usato sicuro”, richiamando alla Pinetina un allenatore che ha fatto sognare i tifosi e che riporta alla mente la grande Inter all’inizio del ciclo vincente di Morattiana memoria: Roberto Mancini è il nome scelto dalla società. Per lui contratto di due anni e mezzo per far tornare grande la sua amata Inter.

Quando è arrivato il comunicato ufficiale della società nerazzurra diverse sono state le reazioni nel mondo del calcio Italiano e fra i tifosi di tutta Italia. Personalmente (come già anticipato su articoli precedenti) ero uno di quelli che pensava che la colpa fosse in parte di Mazzarri ma che, effettivamente, con quella squadra si potesse fare poco di più. La verità è che appare chiaro anche dalle parole di Moratti, una di quelle persone che quasi meglio di tutti capisce quell’ambiente un po’ pazzo, è che il cambio si è davvero reso necessario. Fortemente voluto dallo stesso Moratti, Mazzarri era arrivato tra lo scetticismo generale dei tifosi che si erano innamorati di nuovo di un allenatore (il predecessore Stramaccioni) forse per la prima volta dai tempi di Murinho e che non hanno mai accettato di buon grado il cambio. Soprattutto non hanno mai accettato la gestione della squadra da parte di Mazzarri: troppi alibi, che spesso sapevano di squallidi tentativi di arrampicarsi sugli specchi, gaffe a ripetizione, mancanze di rispetto ad emblemi della recente storia nerazzurra che hanno portato l’ormai ex allenatore dell’Inter ad essere considerato scomodo da tutta la tifoseria della Curva Nord di San Siro.

Quello che serviva in questo momento all’ambiente era un ritorno alla vera e forte identità che è rappresentata da un uomo di fiducia, da qualcuno che la gente riconosca come davvero Interista, dopo gli ultimi mesti mesi passati un po’ come Nanni Moretti, parafrasando il suo film del 1998 “Aprile”, davanti alla tv pregando che Mazzarri o talvolta lo stesso Thohir “dicessero qualcosa di Interista”, capace di accendere gli animi di questi tifosi spenti dopo la rivoluzione post-Triplete. Per questo motivo i candidati principali alla successione sono stati fin da subito due simboli dall’importante significato: Walter Zenga, bandiera nerazzurra che ha difeso i pali della beneamata per 328 volte in 12 anni, e lo stesso Roberto Mancini, tecnico più quotato e mai dimenticato dai cuori Nerazzurri e forse secondo solo a Mourinho nelle preferenze dei tifosi. Mancini torna all’Inter più maturo dalle esperienze al Manchester City prima e al Galatasaray poi, con la sua solita idea di calcio che porterà di sicuro ad un cambio di modulo dopo il fallimento di Mazzarri e del suo 352. Il tecnico Jesino potrebbe infatti giocare di sicuro con la difesa a 4 e far tornare in auge all’Inter il ruolo del trequartista, dimenticato da Mazzarri, per impostare e costruire le sue azioni d’attacco. Ciò che è certo, per quanto mi riguarda, è che il solo cambio d’allenatore non può bastare a far diventare l’Inter una squadra da Champions. Può di sicuro riaccendere l’entusiasmo della squadra e dell’ambiente, ma dovrà essere adeguatamente coadiuvato da una serie di investimenti sul mercato, ferma restando la politica finanziaria del fair-play finanziario attuata dal tycoon Indonesiano. Dovranno quindi essere gestite al meglio le entrate e le uscite ed i relativi investimenti per migliorare la squadra e farla tornare ai fasti di un tempo non lontanissimo, ma dal quale sembra passata una vita intera (e 7 allenatori).

Guardando al breve termine, la settimana che aspetta il nuovo allenatore dell’Inter è di sicuro una delle più sentite ed importanti dell’anno, visto che porterà al Derby di Domenica 23 Novembre contro il Milan. Sfida come sempre ricca di fascino e piena di incroci, nella quale Roberto Mancini troverà Fernando Torres che durante il suo periodo al Liverpool eliminò l’ultima Inter di Mancini dalla Champions League portando il tecnico ad annunciare le dimissioni, poi ritirate, che portarono al successivo esonero del 29 Maggio 2008 dopo 3 Scudetti, 2 Coppe Italia e 2 Supercoppe Italiane. Dopo 6 anni lontano da quella panchina è pronto a ricominciare con la filosofia che lo contraddistingue, ribadita anche sul suo sito ufficiale: “Il tecnico perfetto non esiste. Esiste il più vincente in un determinato momento che non è necessariamente quello che porta a casa coppe o scudetti, ma piuttosto è un tecnico capace di dare un’impostazione a un gruppo e di ottenere risultati pur non avendo a disposizione undici campioni”.

Il “Ritorno al Futuro” del Mancio ha già il profumo del Derby.

GA

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Nubi alle spalle


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Dopo aver seguito le partite della 4ª giornata di Champions League sono stato assalito da una serie di pensieri e sensazioni contrastanti sulle due partite delle Italiane di questi giorni. Juventus e Roma escono, infatti, da questa giornata con risultati diversi, ma con spirito tutto sommato simile.

La partita della Juventus di martedì contro l’Olympiacos (3-2 finale con reti di Pirlo, Botia, Ndinga, aut. Roberto e Pogba), oltre che essere stata una delle più sofferte degli ultimi anni per i tifosi, ha forse segnato a mio avviso il vero inizio dell’era Allegri sulla panchina bianconera. Per la prima volta, infatti, la Juventus ha giocato con la difesa a quattro, cambiando sistema di gioco per la prima volta dall’arrivo, e successiva partenza, di Antonio Conte. Il classico 352 del tecnico Leccese aveva accompagnato anche le prime uscite della “nuova” Juve di Allegri, che però ha costruito i successi della sua carriera sulla difesa a 4. Dunque, la partita contro l’Olympiacos era storica già soltanto per questo motivo. In aggiunta a questo, la Juventus ha vinto una partita difficile, forse anche più di quella d’andata, reagendo da grande squadra ad una grossa difficoltà quale poteva essere il vantaggio dei Greci, facendolo in maniera compatta ed organizzata, senza disunirsi alla disperata ricerca dei 3 punti. Avendo assistito alla partita su Sky, facendo un’analisi dell’atmosfera e della partita in campo grazie al racconto dei telecronisti, riassumerei la partita dicendo che è stata: giocata al ritmo di una partita Spagnola, in uno stadio con l’atmosfera Inglese e vinta con la forza Tedesca. La Juventus c’è, ha battuto un colpo, non è una squadra già eliminata ed ha tutti i mezzi per qualificarsi e fare bene. Pirlo, al secondo gol consecutivo dopo quello di Empoli, è tornato in condizione segnando il primo vantaggio e dimostrando di essere il solito condottiero capace di caricarsi una squadra intera sulle spalle e che, in un ponte tra presente e futuro, passa il testimone a Pogba, il quale si spera possa restare a lungo in Italia (senza aggiungersi alla lunga lista di campioni persi dal nostro campionato), che segna il gol del vantaggio definitivo a coronamento di tre minuti giocati ad un ritmo forsennato dalla squadra di Allegri che ha avuto il merito di aumentare il ritmo e trovare la rimonta senza però perdere nella qualità del gioco. Se vogliamo, l’unica nota negativa della serata è stata il rigore fallito da Vidal praticamente a tempo scaduto che, nell’economia della classifica, per quel che riguarda la differenza reti, potrebbe pesare davvero tantissimo quando sarà il momento di tirare le somme. A questo punto della competizione ecco la situazione di classifica (tra parentesi la differenza reti): Atletico Madrid 9 (+7), Juventus 6 (+1), Olympiacos 6 (-1), Malmö 3 (-7).

Per quel che riguarda la Roma, la partita di Monaco spero abbia definitivamente chiuso il capitolo Bayern, cancellando le scorie dell’incidente dell’andata. Si perché l’effetto di quell’1-7 del 21 Ottobre è stato disastroso dal punto di vista soprattutto mentale della squadra. La mia impressione, infatti, è che prima della partita la Roma fosse una squadra inesperta, quasi incosciente dal punto di vista Europeo, convinta di poter giocarsela con tutti, forti del loro strapotere in Italia condiviso con la Juventus. Quella partita, però, ha rotto qualcosa all’interno della mentalità di squadra, minando le solidissime certezze dei giallorossi che dopo quell’evento catastrofico sono scivolati in un vortice di paura, perdendo certezze. Sono passati dall’essere convinti di poter fare tutto (anche quello che in realtà non erano in grado di fare), a non essere più nemmeno consci di ciò che sapevano fare realmente, avendo quasi paura di mettere in campo ciò che fino ad ora gli era riuscito alla perfezione. La partita di ritorno all’Allianz Arena di Monaco, terminata col punteggio di 2-0 (Ribery, Götze), ci ha restituito una Roma consapevole del proprio valore, che ha giocato una partita dignitosa e ben coperta, senza commettere gli errori dell’andata, contro una squadra stellare che in questo momento era davvero impossibile da fermare per il suo livello attuale. Anche dalle dichiarazioni a fine partita si evince il cambio di stato d’animo all’interno dell’ambiente giallorosso, certi di aver definitivamente cancellato l’1-7, sicuri che adesso la stagione continuerà in crescendo, pronti a lottare fino alla fine su tutti i fronti. Dall’impegno di domenica sera contro il Torino capiremo se quelle dei giallorossi sono state solo parole o se davvero è un trauma definitivamente superato e lasciato alle spalle. Tornando alla Champions League, ciò che rende la sconfitta di Monaco meno amara è il tracollo casalingo del Manchester City contro il CSKA di Mosca, che porta i giallorossi ad un passo dalla qualificazione agli ottavi. Questa la classifica dopo la 4ª giornata: Bayern Monaco 12 (+12), Roma 4 (-4), CSKA Mosca 4 (-4), Manchester City 2 (-2).

In definitiva le due Italiane escono dalla due giorni di Champions con risultato opposto ma spirito simile, visto che adesso vedono sempre di più avvicinarsi l’obiettivo qualificazione che per un attimo sembrava lontanissimo e quasi impossibile da raggiungere. Le ultime due partite saranno di sicuro decisive e complicate da affrontare, ma se affrontate con lo spirito giusto potrebbero portare ad archiviare il discorso qualificazione addirittura con una giornata d’anticipo. Personalmente sono molto fiducioso sul futuro delle due squadre nella competizione, spero non capitino ribaltoni esagerati e che nessuna delle due squadre perda la testa lungo la strada che porta agli ottavi.

Adesso tocca a Voi, avanti tutta!

GA

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Mila(NO!)


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Alla fine della 10ª giornata di Serie A, visti tutti i risultati e le varie prestazioni delle squadre, quello che salta all’occhio è il difficilissimo momento che stanno attraversando le due squadre Milanesi. Da sempre considerate grandi storiche del nostro campionato, Milan ed Inter si trovano relegate al ruolo di squadra media al quale non erano abituate dopo i successi degli ultimi anni in Italia ed in Europa. Le due situazioni sono molto diverse l’una dall’altra, ma il risultato purtroppo per i tifosi non cambia: una sconfitta a testa (entrambe per 2-0 contro Palermo e Parma) nell’ultimo turno di campionato che interrompe una serie di 6 risultati utili consecutivi per il Milan, e una serie di 2 vittorie consecutive per la squadra di Mazzarri, che da quando allena l’Inter non è mai riuscito a vincerne tre in fila, tra l’altro riuscendo ad interrompere il digiuno di vittorie del Parma che perdeva ininterrottamente da 6 giornate.

Motivi diversi dicevamo, ma perché le Milanesi non riescono ad esprimere un buon calcio come potrebbero fare visto il livello degli organici ed il loro nome? Di sicuro non sono un veggente e non ho agganci all’interno delle due squadre per darvi certezze, quindi prendete tutte le mie parole col beneficio del dubbio, consapevoli che sono solo mie opinioni ed impressioni. Per quel che riguarda l’Inter già diverse volte abbiamo affrontato l’argomento delle tensioni societarie dovute al cambio ai vertici dell’azienda che influiscono sulle prestazioni, ma non possono e non devono essere l’unica giustificazione per una prima parte di campionato (e di Europa League) così mediocre. La verità è che Mazzarri non riesce a far giocare la squadra come vorrebbe, come per larghi tratti dello scorso campionato è riuscito a farla giocare. Il primo pensiero vedendo una partita dell’Inter è che non sembra una squadra di Mazzarri, che ci ha abituato ad un grande gioco sulle fasce e a grande velocità. Se dovessi scegliere un solo problema dell’Inter, però, sceglierei il fatto che a questa squadra manca qualità a centrocampo, manca il vero regista della squadra. Non si può puntare su giocatori come Hernanes e Kovacic: il primo continua a dimostrare di essere incostante, il secondo forse è ancora troppo acerbo e non si può buttare la croce addosso a lui. Capite bene che se il gioco lo impostano Medel o M’vila, c’è qualcosa che non va, quindi aumentando la qualità a centrocampo, gli esterni potranno avere più libertà di sviluppare il loro gioco e la squadra girerà meglio.

Per quel che riguarda il Milan, il vero problema è che ci sono diversi problemi (perdonate il gioco di parole). Partendo dal presupposto che penso che il Milan non stia facendo male in termini di risultati visto l’organico e la disastrosa scorsa stagione, è sotto gli occhi di tutti che non gioca sempre al meglio. Perché? Dopo le prime giornate passate in testa alla classifica sulle ali dell’entusiasmo, la dura realtà dei valori in campo ha interrotto i sogni di gloria. L’unico reparto a salvarsi per me è il centrocampo, con De Jong su tutti vero condottiero di questa squadra. In difesa manca qualità, perché non sempre può metterci una pezza il Diego Lopez o l’eterno Abbiati di turno e soprattutto perché ormai i tifosi hanno metabolizzato il fatto che lì dietro non ci sono più i vari Maldini, Costacurta, Baresi o Thiago Silva: ci sono i vari Zapata, Bonera, Abate. Con tutto il rispetto per questi giocatori, però, non sempre riescono a chiudere contro gli attacchi organizzati delle grandi e, ormai, anche delle piccole. De Sciglio è irriconoscibile al momento e sta attraversando un pessimo momento, al contrario di Abate che, tolta la pessima prestazione di domenica, sta vivendo uno dei migliori momenti in carriera. L’attacco va a fasi alterne: Honda gioca bene ed è una piacevole sorpresa e una delle poche note davvero positive, Menez oscilla tra il benissimo e il “male male” (cit.), El Shaarawy ha i suoi soliti spunti ma purtroppo non segna da 618 giorni, Torres è molto più vicino al mood Chelsea che a quello Liverpool e Pazzini è impiegato col contagocce. A questo proposito, un aspetto che secondo me non aiuta la squadra è il continuo cambio di formazione: infatti Inzaghi ha praticamente sempre cambiato l’undici iniziale e questo secondo me non aiuta la creazione dell’intesa necessaria che solo giocando insieme si può creare. In aggiunta a tutto questo non va dimenticata la lunga assenza di Montolivo, che può non piacere ed essere certamente criticato, ma per l’economia di gioco di questo Milan è davvero fondamentale e il suo imminente rientro può davvero essere una boccata d’ossigeno per i Rossoneri in questo naufragio di incertezza e confusione.

Navigando a vele spiegate verso il Derby del 23 Novembre comunque, per quanto le due situazioni e i problemi possano essere diversi, Milan e Inter hanno una difficoltà comune: non riescono a reagire e a giocare bene ed in maniera organizzata contro una squadra che si chiude e sa difendere per ripartire. Infatti entrambe le squadre non sono mai andate oltre il pareggio in situazioni di svantaggio, questo vuol dire che se le squadre avversarie passano in vantaggio e si chiudono le Milanesi non riescono ad organizzarsi per reagire e ribaltare il risultato. Per questo motivo sarà davvero interessante capire che tipo di partita bisognerà aspettarci per questo derby d’andata. Prima del derby però Milan ed Inter affronteranno rispettivamente la Sampdoria terza in classifica, per conquistare dei punti preziosi in vista dell’Europa, e l’Hellas Verona, reduce dal pareggio di Cesena. La stracittadina si giocherà come detto Domenica 23 Novembre alle 20:45, dopo la sosta per le Nazionali che darà modo di studiare il miglior modo per preparare la partita, alla quale, come sempre, come tutti i Derby, si arriva con grosse aspettative che speriamo verrano soddisfatte.

Crisi sì, ma lo spettacolo deve continuare.

GA

 

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Fine Primo Quarto


Soccer: Serie A; Juventus-Roma

Ci avviamo spediti verso quella che sarà la decima giornata di questo campionato, giornata che tra le altre cose anticipa la giornata di Champions ed Europa League e ci fa completare il primo quarto di stagione. Come sempre, quando si raggiungi un numero così consistente ed una cifra tonda è sempre momento di primi bilanci per capire come continuerà questo campionato e quali squadre e giocatori potranno esserne i veri grandi protagonisti.

Le Migliori Per quel che riguarda la lotta SCHUDETTO (errore di grammatica voluto, ma qualcuno di voi capirà sicuramente la citazione), non c’è mai stato nessun dubbio, Juventus e Roma sono probabilmente più di una spanna sopra le altre squadre e continueranno il loro duello davvero a lungo. Lo scontro diretto del 5 Ottobre ha acceso ancor di più quella che era già una rivalità storica e che gli ultimi avvenimenti hanno portato a livelli altissimi che, a mio avviso, resteranno così alti ancora per molti anni. Fare un pronostico sulla vittoria finale è praticamente impossibile, ma siamo sicuri che potremmo assistere ad uno dei campionati più divertenti ed avvincenti degli ultimi anni, che terrà tutti i tifosi col fiato sospeso fino all’ultimo. Speriamo tutti che a guadagnarne sarà solo ed esclusivamente lo spettacolo sul campo.

Le Deluse Le grandi deluse di questo campionato fino a questo momento sono di sicuro due: Inter e Napoli. Una in balia dei terremoti societari, ancora alle prese con un faticosissimo cambio ai vertici della società che ha portato al definitivo abbandono di Massimo Moratti, che ha influito non poco sui risultati sul campo e sulla serenità dell’ambiente tutto. L’altra a convivere ancora con un contraccolpo psicologico non indifferente dato dalla sconfitta di Bilbao e dalla conseguente eliminazione dalla Champions League. Entrambe le squadre erano le designate per lottare fino a fine campionato per il terzo posto utile per la Champions League, al momento obiettivo non impossibile da raggiungere, ma di sicuro ci sia aspettava molto di più dal punto di vista del gioco, delle prestazioni e dello spettacolo. Ci sono tre quarti di campionato per far fare meglio, anche perché far peggio, visti i valori in campo delle squadre, sembra francamente difficile.

Le Incompiute Le squadre incompiute di questo primo quarto di campionato sono quelle che si sono affrontate nel posticipo di domenica scorsa in campionato: Milan e Fiorentina. La prima, parte dopo un anno difficilissimo e travagliato che ha portato a due cambi in panchina e alla ricostruzione generale di un ambiente svecchiato pronto ad esprimere un buon calcio. La seconda, con tanta voglia di recuperare i tanti campioni e pronta a far bene, dopo un anno di transizione. Già…entrambe pronte, ma in concreto? Vedendo la partita di domenica che le ha messe a diretto confronto è apparso chiarissimo che, a parte i soliti tatticismi per cercare di far sbagliare l’altro, sono due squadre che giocano discretamente, ma alle quali manca ancora qualcosa per fare un salto di qualità ed essere validissime concorrenti per i posti in Europa. Francamente, al momento la più attrezzata mi sembra la Viola, perché ha un gruppo già consolidato, un allenatore bravo con un’idea di gioco ben definita, ma soprattutto recupererà presto due campioni di sicuro livello che torneranno a breve dagli infortuni per dare una mano, probabilmente decisiva, nella volata per l’Europa. Il Milan è al primo atto di una ricostruzione che per i tifosi sarà lunga e sofferta, con qualche lampo di gioia, ma sono certo che potrà portare i Rossoneri nuovamente ai vertici, ma solo se coadiuvato adeguatamente da un ritrovato interesse ed impegno economico del suo presidente e da un assetto societario ben definito e stabile. Solo il tempo ci darà le risposte che cerchiamo.

La Peggiore La squadra che più ha deluso in questo primo quarto di campionato, viste anche le splendide prestazioni fatte vedere alla fine dello scorso, è di sicuro il Parma. Fino all’anno scorso era la squadra, dopo Juve e Roma, che nessuno voleva affrontare perché era la più in forma, la più in salute e la più difficile da affrontare. Aveva conquistato l’Europa a suon di gol e di bel gioco, consacrando Donadoni al ritrovato ruolo di ottimo allenatore, dopo che aveva perso gran parte della sua credibilità dopo il suo personale fallimento azzurro. Adesso è una squadra spenta, persa, senza identità né carattere. Il Tardini, fortino fino alla scorsa stagione, è diventato terra di conquista per chiunque e il Parma si ritrova relegato all’ultima posizione in solitaria con una sola vittoria in 9 giornate. Questo forte calo di una squadra rimasta la stessa per gran parte del suo organico, visto che le cessioni di Amauri e Parolo (alle quali si aggiunge lo stop di Biabiany) non possono spiegare un cambiamento del genere, è secondo me figlio proprio di quello che è successo lo scorso campionato. La squadra e l’ambiente non hanno superato lo shock di aver perso una qualificazione Europea conquistata sul campo senza neanche poter difenderla per colpa di un errore burocratico. Donadoni stesso non sembra lo steso allenatore che stava in panchina fino a pochi mesi fa e si trova a gestire un gruppo spento che sembra quasi senza più motivazioni. Serve uno scossone per fermare il declino.

La Sorpresa Se c’è una squadra che non ci si aspettava facesse così bene fino all’inizio del campionato è di sicuro la Sampdoria di Massimo Ferrero e allenata da Mihajlovic. È una squadra che l’allenatore serbo riesce a far giocare molto bene, in maniera organizzata, e l’entusiasmo dei tanti giovani presenti nell’undici titolare, grazie anche al giusto mix con la vecchia guarda Doriana, ha creato davvero un bellissimo gruppo, unito, che potrebbe portare a sognare in grande questa squadra dopo gli anni di sofferenza e la retrocessione. Menzione particolare per l’Udinese di Stramaccioni, che dopo aver chiuso un importantissimo ciclo con Guidolin è riuscita a rimanere i vertici del campionato anche grazie a quell’intramontabile fuoriclasse che è Antonio Di Natale.

Questo il bilancio del primo quarto di campionato, non vedo l’ora di vivere insieme a voi i restanti tre quarti.

GA

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