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Semifinali: e adesso?


Juventus

Dopo l’esaltazione doverosa delle ultime ore dovute a storiche qualificazioni in semifinale di Champions ed Europa League che mancavano da anni, penso sia altrettanto doverosa un’analisi su quello che davvero le Nostre squadre possano fare nel doppio confronto che potrebbe aprire le porte delle rispettive finali delle competizioni più importanti per club.

Capitolo Champions League: l’importante era passare il turno e tornare in Semifinale dopo 12 lunghi anni. In mezzo Calciopoli, la Serie B, la risalita, il nuovo ciclo Conte e Allegri. Si, ma come si è passato il turno? La Juventus era nettamente superiore al Monaco per qualità di gioco ed individualità, ma questo non si è minimamente visto, specialmente nella partita di ritorno che, francamente, è stata orribile. La Juve meritava di passare perché era la squadra più forte, la migliore tra le due, eppure ha permesso che il Monaco la schiacciasse, rischiando di subire il gol che avrebbe sconvolto gli equilibri di un doppio confronto sulla carta comodo, permettendo inoltre ai Monegaschi di recriminare per gli episodi che hanno inciso (e forse non poco) sulla qualificazione finale. Logica conseguenza di tutto ciò è che adesso la Juventus, da splendida Cenerentola invitata finalmente al Gran Ballo della Champions, rischia di trasformarsi in squadra materasso, nella squadra che le altre 3 contendenti sperano di accaparrarsi per avere un confronto non troppo impegnativo che spianerebbe la strada verso l’Olympiastadion di Berlino. I Bianconeri, a mio avviso, hanno sprecato un’occasione per dare dimostrazione di forza e di valore contro un avversario decisamente alla portata, esattamente come hanno fatto negli ottavi contro il Borussia Dortmund, sacrificando prestazione e bel gioco in favore di un passaggio del turno oltre le più rosee previsioni di inizio stagione. Stamattina l’urna di Nyon ha decretato che ad affrontare la Juventus in semifinale sarà il Real Madrid, di quel Carlo Ancelotti che tanto male ha fatto alla Juventus in quella stessa edizione di 12 anni fa che aveva visto un altro Juventus-Real Madrid in semifinale, la partita perfetta che aprì le porte del paradiso di Manchester, che Carletto sbatté in faccia alla Juventus vincendo la sua prima Champions League sulla panchina del Milan. Probabilmente il Real era la migliore squadra che potesse capitare alla Juventus, visti gli infortuni che condizionano l’unifichi titolare di Ancelotti e che lo costringono alla ricerca di eroi alternativi, come nella serata di mercoledì in cui Hernandez, fuori dai radar per una stagione intera, gli ha regalato la qualificazione in semifinale. Per come la vedo io, la Juventus è comunque (almeno) un gradino sotto le altre tre squadre approdate in semifinale che, almeno al momento, credo non siano alla portata della formazione di Allegri, che dopo il sorteggio ha dichiarato: “Saranno anche loro 11 in campo.”. Già, il vero problema è chi sono quegli 11 in campo. La Juventus può e deve giocarsela, forte della consapevolezza di essere già arrivata oltre i propri obiettivi, provando l’impresa avendo nulla da perdere contro dei mostri sacri del Calcio Mondiale. Il grosso vantaggio dei Bianconeri sarà sicuramente quello: sono arrivati tra le prime 4 insieme a Real Madrid, Barcellona e Bayern Monaco, nessuno potrà rimproverargli nulla se dovessero terminare qui il loro cammino, hanno già fatto molto più del loro dovere e deve essere un motivo di vanto, consapevoli che un’eventuale qualificazione alla Finale avrebbe del miracoloso. Di contro, per il Real Madrid uscire contro la squadra universalmente riconosciuta come la meno forte tra quelle rimaste sarebbe un’autentica tragedia per i Campioni in carica. Spero di vedere una Juve gagliarda, con rispetto ma senza paura, che possa trovare la giusta via di mezzo tra una partita da vittima sacrificale (come capitò in semifinale nel 2011 allo Schalke 04) e una qualunque partita dell’Atletico Madrid.

Capitolo Europa League: la grande sconfitta poteva arrivare dall’urna e, fortunatamente, così non è stato: a nessuno sarebbe piaciuto compiere due cavalcate parallele ed essere costretti  sceglierne solo una per la Finale. Qualcuno potrebbe obiettare dicendo che in quel caso saremmo stati sicuri di averne una in Finale, ma preferisco avere la possibilità di giocarmene due piuttosto che averne una sicura. A parte questa opinione squisitamente personale, penso che il sogno di avere di nuovo (finalmente) una Finale tutta Italiana, che sarebbe curiosamente il remake della scorsa Finale di Coppa Italia finita in tragedia, non è mai stato così vicino alla realtà. Il Napoli, dopo aver eliminato, umiliandolo in casa, il Wolfsburg candidato alla vittoria finale, non deve avere paura di nessuno e dovrà giocarsi la semifinale col Dnipro nel migliore dei modi, rispettando l’avversario che si è guadagnato l’approdo in semifinale, ma consapevole del proprio valore, ma consapevole soprattutto che la Finale è decisamente alla portata. Discorso un po’ più complesso per la Fiorentina, che affronterà il Siviglia campione in carica, vincitore del trofeo 3 volte in 9 anni, con Unay Emery al timone, ottimo giovane allenatore in orbita Milan da parecchi mesi. Della Valle predica, giustamente, che non bisogna avere paura di nessuno, sperando in una grande partita, sfruttando il fattore campo al ritorno, sognando un Derby Italiano a Varsavia.

GA

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Nubi alle spalle


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Dopo aver seguito le partite della 4ª giornata di Champions League sono stato assalito da una serie di pensieri e sensazioni contrastanti sulle due partite delle Italiane di questi giorni. Juventus e Roma escono, infatti, da questa giornata con risultati diversi, ma con spirito tutto sommato simile.

La partita della Juventus di martedì contro l’Olympiacos (3-2 finale con reti di Pirlo, Botia, Ndinga, aut. Roberto e Pogba), oltre che essere stata una delle più sofferte degli ultimi anni per i tifosi, ha forse segnato a mio avviso il vero inizio dell’era Allegri sulla panchina bianconera. Per la prima volta, infatti, la Juventus ha giocato con la difesa a quattro, cambiando sistema di gioco per la prima volta dall’arrivo, e successiva partenza, di Antonio Conte. Il classico 352 del tecnico Leccese aveva accompagnato anche le prime uscite della “nuova” Juve di Allegri, che però ha costruito i successi della sua carriera sulla difesa a 4. Dunque, la partita contro l’Olympiacos era storica già soltanto per questo motivo. In aggiunta a questo, la Juventus ha vinto una partita difficile, forse anche più di quella d’andata, reagendo da grande squadra ad una grossa difficoltà quale poteva essere il vantaggio dei Greci, facendolo in maniera compatta ed organizzata, senza disunirsi alla disperata ricerca dei 3 punti. Avendo assistito alla partita su Sky, facendo un’analisi dell’atmosfera e della partita in campo grazie al racconto dei telecronisti, riassumerei la partita dicendo che è stata: giocata al ritmo di una partita Spagnola, in uno stadio con l’atmosfera Inglese e vinta con la forza Tedesca. La Juventus c’è, ha battuto un colpo, non è una squadra già eliminata ed ha tutti i mezzi per qualificarsi e fare bene. Pirlo, al secondo gol consecutivo dopo quello di Empoli, è tornato in condizione segnando il primo vantaggio e dimostrando di essere il solito condottiero capace di caricarsi una squadra intera sulle spalle e che, in un ponte tra presente e futuro, passa il testimone a Pogba, il quale si spera possa restare a lungo in Italia (senza aggiungersi alla lunga lista di campioni persi dal nostro campionato), che segna il gol del vantaggio definitivo a coronamento di tre minuti giocati ad un ritmo forsennato dalla squadra di Allegri che ha avuto il merito di aumentare il ritmo e trovare la rimonta senza però perdere nella qualità del gioco. Se vogliamo, l’unica nota negativa della serata è stata il rigore fallito da Vidal praticamente a tempo scaduto che, nell’economia della classifica, per quel che riguarda la differenza reti, potrebbe pesare davvero tantissimo quando sarà il momento di tirare le somme. A questo punto della competizione ecco la situazione di classifica (tra parentesi la differenza reti): Atletico Madrid 9 (+7), Juventus 6 (+1), Olympiacos 6 (-1), Malmö 3 (-7).

Per quel che riguarda la Roma, la partita di Monaco spero abbia definitivamente chiuso il capitolo Bayern, cancellando le scorie dell’incidente dell’andata. Si perché l’effetto di quell’1-7 del 21 Ottobre è stato disastroso dal punto di vista soprattutto mentale della squadra. La mia impressione, infatti, è che prima della partita la Roma fosse una squadra inesperta, quasi incosciente dal punto di vista Europeo, convinta di poter giocarsela con tutti, forti del loro strapotere in Italia condiviso con la Juventus. Quella partita, però, ha rotto qualcosa all’interno della mentalità di squadra, minando le solidissime certezze dei giallorossi che dopo quell’evento catastrofico sono scivolati in un vortice di paura, perdendo certezze. Sono passati dall’essere convinti di poter fare tutto (anche quello che in realtà non erano in grado di fare), a non essere più nemmeno consci di ciò che sapevano fare realmente, avendo quasi paura di mettere in campo ciò che fino ad ora gli era riuscito alla perfezione. La partita di ritorno all’Allianz Arena di Monaco, terminata col punteggio di 2-0 (Ribery, Götze), ci ha restituito una Roma consapevole del proprio valore, che ha giocato una partita dignitosa e ben coperta, senza commettere gli errori dell’andata, contro una squadra stellare che in questo momento era davvero impossibile da fermare per il suo livello attuale. Anche dalle dichiarazioni a fine partita si evince il cambio di stato d’animo all’interno dell’ambiente giallorosso, certi di aver definitivamente cancellato l’1-7, sicuri che adesso la stagione continuerà in crescendo, pronti a lottare fino alla fine su tutti i fronti. Dall’impegno di domenica sera contro il Torino capiremo se quelle dei giallorossi sono state solo parole o se davvero è un trauma definitivamente superato e lasciato alle spalle. Tornando alla Champions League, ciò che rende la sconfitta di Monaco meno amara è il tracollo casalingo del Manchester City contro il CSKA di Mosca, che porta i giallorossi ad un passo dalla qualificazione agli ottavi. Questa la classifica dopo la 4ª giornata: Bayern Monaco 12 (+12), Roma 4 (-4), CSKA Mosca 4 (-4), Manchester City 2 (-2).

In definitiva le due Italiane escono dalla due giorni di Champions con risultato opposto ma spirito simile, visto che adesso vedono sempre di più avvicinarsi l’obiettivo qualificazione che per un attimo sembrava lontanissimo e quasi impossibile da raggiungere. Le ultime due partite saranno di sicuro decisive e complicate da affrontare, ma se affrontate con lo spirito giusto potrebbero portare ad archiviare il discorso qualificazione addirittura con una giornata d’anticipo. Personalmente sono molto fiducioso sul futuro delle due squadre nella competizione, spero non capitino ribaltoni esagerati e che nessuna delle due squadre perda la testa lungo la strada che porta agli ottavi.

Adesso tocca a Voi, avanti tutta!

GA

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Mal d’Europa


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Per analizzare quella che è stata la sconfitta della Juventus sul campo dell’Olympiacos (1-0 con gol dell’ex Palermo Kasami) e più in generale la profonda crisi delle Italiane in Europa a parte brevi momenti di splendore, al di là del risultato stesso, del gioco, dei valori in campo e della componente sfortuna che ha influito sul risultato finale, vorrei partire da due spunti ricevuti da due grandi amici. Da quando il blog è online, infatti, molti lettori che mi sono vicini da sempre si soffermano a commentare gli articoli di persona o, vista la distanza geografica, ci troviamo spesso a commentare avvenimenti e partite via sms. La cosa mi ha sempre fatto, e continuerà a farmi un immenso piacere e voglio ringraziare tutti Voi per questo, perché il blog va avanti anche grazie a Voi.

Il primo più che uno spunto, è praticamente una sentenza. Walter, juventino convinto sempre molto sportivo e lucido, mi ha mandato un sms che da un tifoso mi ha colpito davvero tanto. L’sms recitava: “Si è rotto il giocattolo Juve!”. La risposta che gli ho dato la svilupperò qui: secondo me è davvero ancora presto per dire se dopo il cambio di allenatore il “giocattolo” si sia davvero rotto. È presto semplicemente perché anche l’anno scorso, con Conte in panchina, la musica non era tanto diversa. Continuiamo a vedere una Juve a due facce: inarrestabile in campionato e davvero piccola in Europa, il contrario di quanto capitava fino a qualche anno fa al Milan. Il suo sconforto nasce di sicuro dalla battuta d’arresto subita a Reggio Emilia nella scorsa giornata e dalla sconfitta arrivata ad Atene (divenuta la seconda consecutiva in Europa dopo quella a Madrid contro l’Atleti). La squadra rispetto all’anno scorso è praticamente la stessa, anche se Pirlo dopo l’infortunio che ha caratterizzato il suo avvio di stagione sembra il fratello scarso del solito grande regista. Vista la location della sconfitta di mercoledì si potrebbe dire che fino ad ora, per quel pochissimo che ha dato modo di vedere finora, ha dimostrato di essere un condottiero stanco, e ai più maliziosi (con me in testa) il pensiero andrà al fatto che il suo calo verticale di rendimento coincide, stranamente, coll’arrivo in panchina di colui che lo aveva etichettato come giocatore finito e come tale impacchettato e spedito verso Corso Galileo Ferraris 32, Torino. Le prossime settimane saranno cruciali per rispondere a Walter e per capire se la Juventus è davvero in salute o se ormai è un “giocattolo” rotto che deve essere curato e riparato per tornare a funzionare perfettamente come è stato fino a poco tempo fa: ci sono quattro partite per continuare lo scontro a distanza con la Roma e, in mezzo, il ritorno in casa contro l’Olympiacos. È il momento ideale per dimostrare che la Juventus continua ad essere la solita corazzata (magari anche senza aiutini) in Italia e che può dire la sua anche nell’Europa che conta davvero.

Il secondo spunto è una domanda di Andrea, col quale ho guardato le partite Europee del mercoledì. Lui, grande tifoso Romanista, non è molto dentro alle questioni Europee e spesso non conosce palcoscenici del genere, magari un po’ sottovalutati ma sempre pericolosissimi. Prima della partita mi ha chiesto un pronostico ed io, per onestà intellettuale e senza autocelebrazioni, avevo pronosticato una sconfitta di misura per la Juve in una partita chiusa e nervosa. Lui non capiva il mio pronostico ma dopo il gol di Kasami è arrivata puntuale la domanda: “Com’è che le squadre Italiane forti, poi fanno così fatica in Europa?”. La risposta, secondo la mia modestissima opinione, è molto semplice: la verità è che noi, arrivati a questo punto così basso del nostro calcio, dobbiamo prendere consapevolezza e capire che ormai il nostro campionato ed il nostro movimento non possono mettersi a confronto con le super potenze Spagna, Germania ed Inghilterra, ma devono fare i conti con le modeste Francia, Portogallo, da ieri sera Grecia e purtroppo, visto il ko 2-0 del Napoli a Berna, pare si debbano fare i conti anche con la Svizzera. Ovviamente il divario, lo spread se preferite, tra Noi e le grandi d’Europa è minore di quanto possano dimostrare l’1-7 di martedì e l’1-0 di mercoledì, ma di sicuro è un divario col quale dovremo abituarci a fare i conti, per questo e per i prossimi anni, perché purtroppo un gap del genere è di sicuro sanabile (e, secondo la mia ottimistica visione delle cose, si sanerà) ma non in tempi brevissimi.

Sono certo che il movimento calcistico Italiano si rialzerà e in Europa si tornerà ad avere paura delle squadre Italiane. Magari sarà utopia sperare di vedere un’Italiana giocare la finale di Champions di San Siro nel 2016, ma di sicuro torneremo ai vertici, dove meritiamo di stare.

Io ci credo!

GA

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Troppo forti per essere veri


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Per Sempre Sventolerò Questa Bandiera

Uscendo dall’Olimpico sotto una leggera pioggia che aveva accompagnato gli ultimi minuti di una partita che già alla mezz’ora del primo tempo si era avviata verso una logica e praticamente certa conclusione, mi è capitato di pensare che avesse appena cominciato a piovere sul bagnato. Già, sul bagnato di una partita che è stata un pugno nello stomaco alle ambizioni della Roma in Europa, Roma che esce di sicuro ridimensionata dalla serata Europea ma che non deve piangersi addosso per una partita cominciata male e finita peggio.

Dalla Tribuna Montemario dalla quale ho assistito alla partita, ad un certo punto del primo tempo ho avvertito fortissima la sensazione di dejà vu, di qualcosa di già visto pochi mesi fa e che mai avrei pensato di poter rivedere, o almeno non in tempi brevi. Il pensiero di essere davanti ad una sorta di secondo atto di Brasile-Germania del Mondiale 2014 è arrivato immediatamente quando ho visto i giocatori della Roma inermi crollare sotto i colpi di un Bayern Monaco mostruoso, di sicuro in grande giornata, ma che comunque poteva essere quantomeno controllato e gestito in maniera diversa, anche se personalmente non penso davvero potesse essere in qualche modo fermato da questa Roma.

Non fraintendetemi, non intendo dire che la Roma sia una squadretta pronta al ruolo di agnello sacrificale in questa Champions League. Quello che voglio far notare è che, analizzata l’iniziale differenza abissale tra valori in campo, quello che ha fatto veramente la differenza in campo ieri sera è stato l’atteggiamento. Quell’atteggiamento che nelle precedenti partite aveva mostrato una Roma cinica, cattiva, con tanta voglia, capace di giocare a viso aperto a Manchester contro il City per 90 minuti, proprio quel punto di forza ha tradito la squadra e, mi permetto, per la prima volta ha tradito anche l’allenatore. Per fare il parallelo con la partita di Belo Horizonte, mentre i Tedeschi, molti dei quali in campo anche quella sera di luglio, attaccavano e attaccavano senza pietà, dall’altra parte non c’era nessun segno di reazione. Né in campo, né in panchina nessuno riusciva a dare l’impulso per quella che avrebbe potuto (e dovuto) essere una reazione diversa ai primi colpi subiti. Brasile-Germania sembrava essere una partita unica nel suo genere, ma pare che fino a quando questi qui continueranno a giocare così, tutto potrà succedere su quel rettangolo verde.

Ho visto una Roma a due facce: nel primo tempo è entrata in campo una Roma spaventata, piccola, impaurita, molle. Il mio primo pensiero guardando le facce dei giocatori era quello che sapevano che sarebbe finita così perché loro erano più forti e non avrebbero potuto fare nulla. È come se i giocatori che giocano in Italia sanno di essere loro stessi parte di un sistema ormai in declino e credano di essere quasi autorizzati o giustificati a perdere questo tipo di partite, perché nessuno si aspetta di più da loro. Come se una squadra italiana non potesse più giocare bene o far male ai grandi. Sono proprio della vigilia della partita le parole di Arjen Robben che ha dichiarato: “La Roma? Gioca un gran calcio…eppure è una squadra italiana!”, come a dire: “Strano! Ormai quelli non sanno più giocare a pallone!”. Sembra passata una vita da quando l’Italia ha battuto la maggior parte dei giocatori in campo nella semifinale europea, esattamente come sembra passata una vita da quando questa stessa squadra è uscita con le ossa rotte da una finale di Champions giocata a Madrid proprio contro una squadra italiana.

Nel secondo tempo invece ho visto entrare in campo la squadra che a mio avviso avrebbe dovuto scendere in campo dall’inizio. Nessuno avrebbe potuto prevedere un crollo così verticale di Cole che ha dimostrato di essere un buonissimo terzino, ma di non essere più in grado di reggere attacchi del genere, o almeno non in serate come quella. Il Capitano, l’unico per me al momento degno di tale appellativo in Italia, purtroppo non ha più la velocità di un tempo ed è sempre il solito metronomo che sulla trequarti campo smista palloni come un perfetto direttore d’orchestra senza sbagliarne uno, ma in partite del genere forse sarebbe stato meglio agire in maniera diversa, ed è proprio l’allenatore Francese a prendersi la responsabilità, e in un certo senso la colpa, di alcune scelte che si sono rivelate poi sbagliate.

E poi ci sono loro…loro sono Campioni di Germania e praticamente di tutto. Sono una macchina perfetta guidata da uno dei migliori allenatori degli ultimi tempi, se non il migliore in assoluto. Sono un mix perfetto di giocatori che hanno offerto il miglior calcio negli ultimi anni, e che naturalmente se sei una delle maggiori potenze economiche mondiali (sempre calcisticamente parlando, o forse non solo…) puoi permetterti. Inutile indugiare su di loro, li conosciamo, sono fortissimi, dei fenomeni, guardarli durante il riscaldamento dall’altro lato del campo mette quasi paura. A me Manuel Neuer ha impressionato come pochi altri calciatori hanno fatto dal vivo, e di sicuro come nessun altro portiere aveva mai fatto prima, e in campo ha dimostrato anche ieri sera di essere il migliore al mondo nel suo ruolo. Perché, parliamoci chiaro, se il Bayern non avesse avuto lui in porta, che con alcune parate sublimi al limite con l’inspiegabile ha salvato la porta, la Roma avrebbe potuto diminuire il passivo. Ma naturalmente con i “se” e i “ma” non si fa la storia: loro restano loro con tutti i loro fenomeni e i loro milioni, e la Roma resta la Roma con la sua buona prestazione nella seconda metà di gara, le ossa rotte fino al 90°, più consapevolezza nei propri mezzi ed un bagno di umiltà dal quale si potranno di sicuro ricavare degli insegnamenti e fare tesoro di questa batosta per non ritrovarsi in situazioni del genere. Del resto, la Roma è una squadra relativamente giovane e una serata così sarà sicura fonte di esperienza per l’allenatore, i giocatori e l’ambiente tutto.

Rispetto alla partita con la quale facevo il paragone, però, della serata di ieri ci sono dei lati positivi, che di sicuro nessuno dei quasi 70 mila allo stadio considerava, ma che non devono essere sottovalutati per rialzarsi in un momento così difficile. Il primo è che rispetto alla partita del Mineirao che aveva sancito la definitiva uscita dalla competizione della squadra di casa, questo 7-1 fa di sicuro tanto male, ma visto anche il suicidio sportivo del City a Mosca, che è riuscito a farsi rimontare dal 2-0 al 2-2 in 45′, il discorso qualificazione è ancora tutto apertissimo e vede la Roma avanti di 2 punti in classifica ai Citizens, coi quali giocheranno l’ultima partita del girone in casa.

L’altro lato positivo, che più che un lato positivo è una lezione da tenere ben presente, è quello che si è visto sugli spalti. Tolti quei pochi stupidi, perché non ho altro aggettivo con cui definirli, che hanno abbandonato lo stadio alla mezz’ora del primo tempo seppur sul il punteggio di 3-0, il resto degli spettatori, in qualunque settore dello stadio ha dato dimostrazione di grandissima civiltà e sportività verso la propria squadra e anche verso la squadra avversaria. Gli applausi dello stadio intero al Bayern, ai tifosi ospiti e di questi ultimi alla Roma e alla Sud riecheggeranno a lungo nella mia memoria insieme alla scena finale: al triplice fischio l’intera Curva Sud ha chiamato la squadra sotto la curva per ringraziarla comunque di quello che hanno dato sul campo e quasi come a consolarla e a spronarla a dare tutto in campionato hanno intonato il coro “Vinceremo il tricolor!”. Ennesima dimostrazione d’amore vero della Sud ai propri beniamini, se mai ce ne fosse stato ulteriore bisogno dopo il tutto esaurito registrato ieri sera. Una delle più belle immagini di calcio che io abbia mai avuto la fortuna e l’onore di vedere di persona.

Di sicuro, per motivi diversi, una serata indimenticabile.

GA

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