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Due feriti, Nessun morto


Roma - Juventus

Dopo la lunga, troppo per quanto mi riguarda, pausa causa esami universitari, e quella decisamente più gradita per lo Spazio Granata, Minuto91 torna ad occuparsi della Serie A. Mai occasione potrebbe essere migliore della partita più importante di questo campionato, lo scontro tra le prime della classe, che si preannunciava scoppiettante dopo le rispettive vittorie in Europa: Roma – Juventus.

Per il titolo di questo pezzo ho ritirato fuori una vecchia frase detta da Buffon (“Meglio due feriti che un morto”) quando gli chiesero delle combine nel calcio: questa chiaramente non vuole essere un’allusione al fatto che la partita sia stata truccata o che il risultato sia stato deciso a tavolino, ma semplicemente rimanda al fatto che una vittoria bianconera avrebbe, secondo il mio modo di vedere, definitivamente chiuso un campionato che al momento potremmo comunque definire agonizzante, che la Roma poteva riportare in vita e riaprire inaspettatamente ma che, come tutti sappiamo dopo il triplice fischio dello scontro diretto, non ha fatto.

Nella prima parte dell’incontro non si è assistito ad un bello spettacolo, non almeno quanto si sperava. La partita è stata fin da subito molto bloccata e il fallaccio dopo 18 secondi di De Rossi lasciava presagire come sarebbe stato il clima agonistico della partita stessa. La Juve ha dato l’impressione di voler aspettare la Roma, sulla falsariga della partita di Champions contro il BVB, per poi ripartire in contropiede come benissimo hanno saputo fare i giocatori bianconeri martedì in coppa, giocando un calcio che, da discreto osservatore, farebbe giusto al caso di un Milan che decise di cacciare proprio l’attuale allenatore della Juve ormai più di un anno fa e che adesso brancola nel buio, ma questa è un’altra storia. La prima frazione di gioco si avvia alla conclusione senza particolari pericoli per i due portieri: De Sanctis rischia di subire un autogol clamoroso da Manolas, e Buffon è spettatore privilegiato di una partita non particolarmente esaltante.

Al rientro in campo dopo il riposo si cambia registro: è la Juve a fare la partita, la Roma subisce gli attacchi bianconeri che si avvicinano pericolosamente al gol in un paio di occasioni. Allegri ha capito che la partita può essere gestita (e vinta) diversamente da come era inizialmente stata preparata e la squadra risponde benissimo a questo nuovo cambio di rotta. La difesa giallorossa è totalmente in bambola e sul lato sinistro i bianconeri entrano come una lama nel burro grazie ad un Torosidis visibilmente in difficoltà, al quale viene presentato il conto al minuto 62, quando stende Vidal dopo l’ennesima incursione, prende il secondo giallo e va anzitempo sotto la doccia. Come nel più classico dei paradossi “murphologici” (http://it.wikipedia.org/wiki/Legge_di_Murphy), se la partita giallorossa sembrava essersi messa male, un minuto dopo si è messa peggio. Dalla punizione immediatamente successiva all’espulsione, Tevez mette alle spalle uno splendido arcobaleno che lascia di sasso De Sanctis: 1-0 Juve. Sfido chiunque al 65°, con la Juve in vantaggio e la Roma in 10 a prevedere quello che poi sarebbe successo: dopo il gol la Juventus spegne la luce, esce definitivamente dal campo e la Roma anche grazie ai cambi inizia finalmente a giocare a calcio. Il primo tiro in porta dei giallorossi arriva al 70° (!!!) minuto di gioco con uno splendido colpo di testa di Manolas che impegna Buffon. La Roma si sblocca, dimostrando quello che è il vero problema di questa squadra, ovvero un problema di testa, psicologico: causa scatenante di questo problema sono state, a mio modo di vedere, delle partite chiave (Juventus, Bayern Monaco e Manchester City) che hanno minato profondamente la fiducia di una squadra che altrimenti sarebbe andata molto meglio di quanto effettivamente sta facendo. Si scrolla di dosso tutti i blocchi e tutte le paure che l’hanno frenata fino a quel momento e mette sotto la Juve, che gli regala praticamente 20 minuti di partita, gran parte del possesso palla e 3 tiri in porta, uno dei quali costa il pareggio finale firmato da Keita di testa.

La Juventus si è confermata una squadra solidissima, capace di comportarsi da grande squadra, capace di saper gestire la partita, ma ancora incapace di ammazzare partita e campionato quando gli si è presentata l’occasione. Allegri dovrà essere bravo a tenere alta la tensione per gli impegni futuri di Coppa Italia e Champions League, perché quel drastico calo di tensione negli ultimi minuti di partita se dovesse ricapitare potrebbe essere pagato a caro prezzo su palcoscenici diversi. La Roma ha dimostrato ancora una volta di avere grossi limiti dal punto di vista psicologico, caratteriale e del temperamento, ma una volta superati i blocchi mentali e la paura si è rivelata per quello che è: una grande squadra capace di mettere in difficoltà i Campioni d’Italia in carica anche in inferiorità numerica. Un ultimo appunto sui tanti discorsi che si sono fatti su Totti e De Rossi, sul loro temperamento, sul fatto che la Roma abbia giocato meglio senza di loro perché loro da Romani e Romanisti soffrono le partite importanti in casa. È indubbio che i cambi abbiano dato una svolta alla partita ma questo non è avvenuto per l’uscita dal campo delle due Bandiere giallorosse. Parliamo di gente che ha giocato una finale mondiale, gente abituata anche a serate di Champions, gente pronta a dare tutto per la squadra della propria città. Quel ragazzino con la 10 giallorossa sulle spalle, nemmeno due mesi fa, ha pareggiato un Derby da solo, segnando due gol in un tempo solo. Penso che la loro dedizione e la loro voglia di far bene con quella maglia non siano da discutere, ma che semplicemente una serata storta possa capitare anche ai più grandi.

Spero, per il bene del campionato, che sia tornata la vera Roma. E che magari la Juve distratta dagli impegni riesca a rendere questa volata finale ancora più bella e divertente di quanto già non sia, per vivere insieme i mesi più caldi della stagione calcistica e raccontarvi domenica dopo domenica, partita dopo partita, questa splendida stagione.

Minuto91 is back!!!

GA

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Alta Tensione


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Partita strana e, personalmente parlando, non particolarmente bella, la quarta di questo girone di qualificazione dell’Italia. Gli Azzurri hanno affrontato la Croazia in quella che si sapeva essere la formazione più impegnativa da fronteggiare dell’intero cammino verso gli Europei di Francia 2016. Al di là del risultato finale (1-1), il match di San Siro ha lasciato di sicuro degli spunti interessanti da approfondire.

Il primo, guardando alla nostra formazione, è che fatichiamo e soffriamo tanto (pure troppo) in ogni occasione in cui scendiamo in campo. Già dai primi minuti era chiaro che anche questa partita sarebbe stata una continua sofferenza in cui avremmo dovuto stringere i denti dall’inizio alla fine, senza possibilità alcuna di imporre il nostro gioco sugli avversari. Il vantaggio di Candreva (al primo gol in Azzurro) ci ha un po’ illusi che il copione questa volta potesse essere diverso, ma la papera di Buffon sul tiro apparentemente innocuo di Perisic ha dato un brusco cambio di direzione ad una partita che giocatori e tifosi speravano potesse andare in maniera differente. Ciò che appare chiaro è che in questo primo periodo Antonio Conte non è ancora riuscito a dare la sua profonda impronta a questa squadra che, al momento, non sembra nemmeno giocare come una squadra di Conte. La cosa più strana l’ho vista anche nell’atteggiamento della squadra, forse anche nella condizione fisica, visto che per gran parte della partita siamo stati più lenti dei Croati, meno propositivi, meno incisivi, meno tutto. Il 38% di possesso palla è un dato numerico che fa capire quanta difficoltà ci sia nella Nostra Nazionale a costruire gioco, ma soprattutto a fare la partita e creare occasioni da gol. Da sottolineare comunque le numerose assenze che hanno caratterizzato questa tornata di convocazioni che hanno privato la squadra di elementi fondamentali per il nostro gioco e soprattutto per la nostra costruzione offensiva. Uno dei più grossi problemi della partita di ieri sera è stato, infatti, la costruzione in fase offensiva: senza Pirlo manca la qualità a centrocampo per poter impostare un’azione d’attacco come si deve, e mancando anche Bonucci ci siamo trovati privati anche dell’unica alternativa di impostazione partendo dalle retrovie. Un appunto, se vogliamo quasi una provocazione, mi permetto di farlo su questo discorso della qualità del nostro movimento: se in determinati ruoli, come quello del regista a centrocampo, Pirlo è assolutamente indispensabile ed insostituibile, mi permetto di notare che in altri ruoli, il portiere su tutti, ormai si va avanti facendo giocare il nome più rinomato, senza valutare prestazioni ed andamenti di forma. Ciò che voglio dire, in soldoni, è: perché non applicare quello che chiamerò “Sistema Milan” anche ai portieri della Nazionale? Mi spiego: da questa stagione il Milan, con l’arrivo di Diego Lopez, ha iniziato un interessante esperimento basato sull’assunto che a scendere in campo sarebbe stato il più in forma. Ora, perché non fare lo stesso anche coi portieri della Nazionale? La ragione è molto semplice, quasi ovvia, ed è quella che Buffon non è eterno e che arriverà un momento storico nel quale l’attuale numero 1 Azzurro deciderà di farsi da parte. Per arrivare più pronti a quel momento e rendere l’avvicendamento meno traumatico, perché non iniziare adesso facendo giocare altri estremi difensori che a suon di parate e prestazioni super si dimostrano il valore aggiunto delle rispettive squadre in campionato (due su tutti Perin e Sirigu)? La boutade nasce chiaramente dopo l’errore di ieri sera, ma non credo di dire un’eresia se affermo che le prestazioni di Buffon stanno calando e che sarebbe il caso di tenerci le spalle coperte per il futuro.

Il secondo spunto è relativo al modulo, o se preferite al sistema di gioco. Ieri sera, come un perfetto motore diesel, la Nazionale Azzurra ha carburato con l’andare dei minuti, ma non è stato solo lo scorrere del tempo a migliorare la manovra. Ad un certo punto della partita, infatti, Antonio Conte ha deciso di far entrare in campo dopo una lunga assenza Stephan El Shaarawy, che ha confermato il suo ottimo momento di forma con una buonissima prestazione, insieme a Graziano Pellè. L’ingresso in campo del giovane attaccante rossonero insieme al giramondo Salentino ha portato ad un cambiamento tattico quasi radicale per gli schemi di Conte. Si è passati infatti alla difesa a 4, giocando con un 442, o 4411 se preferite. Insomma, al di là dei numeri che lasciano il tempo che trovano, l’impressione è stata che la Nazionale abbia davvero tratto giovamento dal cambio di modulo che ha permesso alla squadra di pressare meglio la Croazia e di finire in crescendo la partita. Ad ogni modo sapevamo che non sarebbe stato facile: la Nostra è una Nazionale in ricostruzione che è ancora in cerca di un’identità di squadra, di una  formazione tipo, di un sistema di gioco, tutte cose che una volta trovate porteranno ad una continuità di risultati e di prestazioni. Nel frattempo, dopo il cambio tattico in corsa di ieri sera, mi chiedo se possa essere questa la strada giusta per tornare a vedere un Grande Italia. Personalmente, penso che la risposta sia decisamente affermativa.

Il terzo, più che uno spunto è una considerazione sui nostri avversari che vanno di sicuro elogiati per la personalità, il piglio e la qualità di gioco con la quale sono venuti a fare la partita a casa nostra. La loro è una Nazionale già rodata, parte di un movimento in decisa crescita ed ascesa, che gioca di sicuro un calcio tra i migliori di tutte le qualificazioni e che avrebbe meritato maggior fortuna agli ultimi Mondiali.

In conclusione, dispiace segnalare il triste spettacolo al quale siamo stati costretti ad assistere per colpa dei tifosi ospiti che hanno iniziato letteralmente a sparare in campo petardi e fumogeni costringendo l’arbitro a sospendere la partita e la Polizia in assetto antisommossa a caricare i “tifosi”. Al di là delle domande, legittime, che tutti ci poniamo su come sia possibile riuscire a far entrare tutto quel materiale all’interno di uno stadio (mentre magari ad una persona normale fanno buttare la bottiglietta d’acqua perché pericolosa), resta un gesto incomprensibile, senza motivo alcuno, che gli stessi giocatori non riescono a spiegarsi e del quale il tecnico Croato, Niko Kovac, si è scusato in conferenza stampa. Non occorre sorprenderci più di tanto comunque, dato che i supporters Croati non sono nuovi a comportamenti del genere. Uno dei migliori giocatori Croati di sempre, Zvonimir Boban, dopo uno degli ennesimi violenti accaduti ha commentato dicendo: “Se iniziasse una guerra di cervelli, quelli lì partirebbero disarmati…”. Penso sia superflua ogni altra parola.

Prossimo appuntamento con la Nazionale il 28 Marzo 2015 in Bulgaria.

Lavori in corso…senza sosta e senza arrendersi!

Forza Azzurri!

GA

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